Non tutte le storie di rientro sono perfette. E non sempre le cose vanno come le avevamo pensate.
Per Simone, partito con l’idea di stare sei mesi in UK per migliorare l’Inglese, la permanenza all’estero è in realtà durata due anni e mezzo. E il rientro in Italia, pensato per essere solo una breve parentesi prima di una nuova partenza, è invece diventato un progetto più a lungo termine.
Resta il segno di un’esperienza indelebile e la sorpresa che tornare a casa è più bello di quanto avesse immaginato. Ma anche qualche rimpianto, che ha scelto di condividere con noi.
🎙️Episodio #38 di ‘Storie di italiani che tornano a casa
Simone Mauro ha poco più di vent’anni, lavora in un hotel ma, fin da quando è piccolo, ha il “pallino” di vivere in Inghilterra e di parlare bene inglese. Dopo un colloquio andato male proprio a causa della non conoscenza della lingua inglese, decide quindi che è il momento di partire: raccoglie informazioni su un progetto italiano chiamato Eures, fa dei test e ottiene presto un’opportunità per lavorare nel Regno Unito, come magazziniere.
L’idea iniziale era di restare sei mesi, il tempo necessario per migliorare l’inglese, per poi tornare a casa. Dopo cinque mesi in magazzino, però, Simone capisce che potrebbe ottenere un ruolo migliore e prova a cercare lavoro nel suo settore, quello dell’Hospitality. Trova subito un impiego in Radisson Blu, a contatto con il pubblico, che gli permettere di stringere nuove relazioni, migliorare ulteriormente le competenze linguistiche e crescere professionalmente.
Dopo due anni e mezzo in UK, Simone decide però di rientrare in Italia – scelta che, a posteriori, dirà essere stata un po’ affrettata. Sente la difficoltà di creare legami stabili e una struttura che gli possa permettere di stabilirsi definitivamente lì. L’idea è di rientrare per staccare un po’ e riposarsi, ma anche di rimettersi in gioco in un nuovo settore lavorando con il cugino e alcuni amici al lancio di una startup. Poi, magari, ripartire. Questa volta verso la Spagna, anche per imparare una lingua nuova.
Il lavoro nella startup invece lo impegna parecchio, e Simone finisce per rimanere in Italia. Conclusa questa esperienza, che ha contribuito molto alla sua crescita, trova lavoro nel tech: prima in Deliveroo, poi in Amazon e infine in Scalapay – dove oggi ricopre il ruolo di IT Manager.
Abbiamo chiesto a Simone com’è stato il suo rientro.
Ci dici una cosa che ti ha sorpreso in positivo?
La cosa che mi ha sorpreso è stata la sensazione di relizzare quando mi fosse mancata l’Italia, una volta tornato. Ne parlavo anche con un collega che ha avuto un’esperienza simile alla mia ed è riantrato dall’Australia: in fase di partenza non vedevamo l’ora di andarcene dall’Italia per tutti i problemi che vedevamo, ma quando siamo tornati abbiamo entrambi pensato “che bello essere a casa”.
Aggiungerei anche il fatto che pensavo che sarei rimasto solo un po’, per riposarmi e ricaricare le batterie prima della prossima partenza, ma invece alla fine ho deciso di rimanere qui.
C’è qualcosa che ti manca dell’estero?
Tante cose.
Il senso di possibilità e di indipendenza che ho sentito quando sono andato via dall’Italia, ad esempio. Il sentirmi “in terra straniera” mi motivava moltissimo a fare network e conoscere gente – il che poi inevitabilmente portava tante opportunità, anche lavorative.
Inoltre le persone erano più propense a condividere la loro esperienza, a darti un consiglio su come indirizzare il tuo percorso, a costruire qualcosa con te, a darti una mano. Tornato in Italia, questa cosa mi è mancata e ho avuto la sensazione di dovermela cavare completamente da solo. Quel sistema di supporto che mi ero saputo costruire all’estero, non c’era più.
Un consiglio che daresti a chi sta valutando se tornare?
Occorre essere sicuri al 100%, pensarci bene. Se si è indecisi, io consiglierei di restare ancora per qualche tempo. Io un po’ mi pento di non essere stato più a lungo e forse se potessi tornare indietro rifarei tutta l’esperienza ma non me ne andrei così presto.
Questo forse dipende anche dal fatto che non sono tornato con qualcosa di certo in mano, ma con l’idea di fare solo un periodo qui in Italia per poi ripartire.
Tante volte si dice “non mollo un lavoro finché non ne trovo un altro”, no? Ecco, consiglierei a chi vuole tornare di avere in mano qualcosa di conreto prima di lasciare un Paese e un lavoro che ti hanno segnato e insegnato delle cose. O comunque di avere chiari i vantaggi, personali e/o lavorativi, del rientrare in Italia.
Grazie Simone per esserti raccontato a Pietro!