Storie di italiani che tornano a casa – Alessia Camera

10 anni a Londra, dove è diventata leader nell’ambito Product & Growth per il mondo startup, guidando progetti importanti e collaborando con realtà in hypergrowth.

Poi, la scelta di tornare in Italia.

Con la scoperta che, al netto del reverse cultural shock, la bellezza e la naturalezza degli scambi umani hanno un valore pari a quello di vivere in un ecosistema super innovativo e dinamico.

Bellissima storia quella di Alessia Camera, che è rientrata ma non ha abbandonato il suo network e i risultati ottenuti, continuando a generare valore per aziende in crescita e divulgando best practices internazionali del mondo startup con la sua newsletter alessiacamera.substack.com

🎙️Episodio #28 di ‘Storie di italiani che tornano a casa

Punto di riferimento per il growth hacking in Italia, con all’attivo docenze in diverse università italiane (IULM, Bologna Business School) e best seller sul tema pubblicati d Hoepli (“Startup Marketing”, “Viral Marketing”), Alessia ha lanciato una prima startup quando non era ancora sexy e ha trascorso 10 anni a Londra come Head of Growth in più di 20 startup early stage, collaborando anche con unicorn to be e multinazionali per lanci e scaling di prodotti digitali in Europa, con molteplici attori.

Rientrata in Italia, ha lavorato nel corporate venture building con la sister company di Startupbootcamp, lanciando nuovi brand digitali per multinazioni nel food, e successivamente al lancio di Taxfix nel nostro Paese – con la costruzione da zero del team di marketing, lo sviluppo della strategia di product/marketing e scalando poi la strategia di growth su quattro nuovi mercati, ottenendo importanti risultati.

Oggi si occupa di Product Marketing & Product Led Growth in Qonto, dove coordina le strategie go-to-market e il lancio di nuovi prodotti in Europa, con l’obiettivo di ridefinire il settore del business banking per le PMI.

Abbiamo chiesto a Alessia com’è stato tornare a casa dopo tanti anni:

❤️ Cosa ti ha sorpreso in positivo?

Sono rientrata in Italia poco prima della pandemia, e a sorprendermi è stata la semplicità, e la bellezza, della quotidianità italiana. La qualità del cibo, in particolare la frutta e verdura dei supermercati, il sole che compare più spesso di quanto ricordassi, la bellezza dei palazzi, dei paesaggi: onnipresente, quasi data per scontata. E poi la naturalezza con cui le persone si scambiano due parole, anche in coda alla cassa.
Il rientro non è stato semplice: il primo impatto è stato rallentato dalle chiusure della pandemia e da un clima sociale cupo. Ma quando tutto ha ricominciato a muoversi, è riemerso un senso di gioia e familiarità che mi aveva quasi sorpreso, pur avendo vissuto qui quasi tutti i primi trent’anni della mia vita.

🌍 C’è qualcosa che ti manca dell’estero?

L’energia del cambiamento.
Lavorando con le startup, ho toccato con mano cosa vuol dire costruire in ambienti in cui il nuovo è accolto con entusiasmo, e l’innovazione è un’abitudine più che un’aspirazione. Ecosistemi come quelli di Londra, Berlino o San Francisco hanno una velocità diversa: l’accesso alle persone è immediato, il feedback è parte integrante dei processi, la collaborazione è cross-funzionale e senza troppe formalità.
L’Italia sta cambiando, è vero. Negli ultimi cinque-sette anni ci sono segnali concreti. Ma siamo ancora lontani da quel mindset fluido e aperto che non vede solo rivali o costrizioni e a volte mi manca tantissimo.

💡 Una cosa che hai imparato o un suggerimento che daresti?

Quello che ho imparato al mio rientro è che tornare è sorprendentemente simile ad andare via,  almeno sul piano emotivo.
Pensavo che rientrare in Italia sarebbe stato semplice: conosco la lingua, i codici culturali, le abitudini. Invece è stato un secondo “espatrio”, ma al contrario. Ti scontri con abitudini nuove che ti sei costruita altrove: un sistema più digitale, una mentalità più orizzontale, un modo di lavorare più autonomo. E non le ritrovi ovunque in Italia.
Tornare ha significato anche reimparare a parlare fluentemente in italiano professionale, dopo anni di “italenglish”, affrontare burocrazia che all’estero gestivo online in tre clic, o scontrarmi con gerarchie e prassi meno flessibili.
Il mio consiglio? Investi in un network, ovunque tu sia.
Costruirlo prima di partire o tornare, cercare contatti anche al di fuori della tua cerchia, usare LinkedIn in modo attivo, fare domande. Spesso bastano 30 minuti di call per ricevere dritte fondamentali. Nella mia esperienza, chi lavora all’estero è abituato a questo tipo di richieste e pochi mi hanno detto di no.
La preparazione è importante, ma un network aperto, generoso e attento è ciò che fa davvero la differenza nel lungo termine.

Grazie a Alessia per esserti raccontata a Pietro! 🚀

Storie di italiani che tornano a casa – Alessia Camera

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